News  Volume 02 - Capitolo 080 - Pagine 017 - 028 - Con tre Apostoli sul Monte del Digiuno
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Volume 02 - Capitolo
080 - Pagine 017 – 028
Con tre Apostoli sul
Monte del Digiuno e al Masso della Tentazione.
17 Gennaio 1945
Un'alba bellissima,
in un luogo selvaggio.
Un'alba dall'alto di una costa di monte.
Appena un principio di giorno.
In cielo, ancora le superstiti Stelle e un arco sottile di Luna calante, che
persiste, virgola d'argento, sul velluto ancora azzurro scuro del cielo.
Il monte pare a sé, non congiunto ad altre catene.
Ma è un vero monte, non un colle.
La cima è molto più su, eppure da mezza costa già si domina
un largo raggio d'orizzonte, segno che si è elevati di molto sul livello
del suolo.
Nell'aria fresca del
mattino, in cui si fa strada la luce incerta, bianco-verdastra, dell'alba che
sempre più si fa chiara, si svelano i contorni ed i particolari, che
prima erano in quella caligine che precede il giorno, sempre più cupa
di una notte, perché pare che la luce degli Astri, nel trapasso da notte
a giorno, diminuisca e, direi, si annulli.
Vedo, così, che
il monte è roccioso e nudo, spaccato da anfratti che formano grotte,
antri e seni nel monte.
Un luogo proprio selvaggio su cui - e solo nei luoghi dove un poco di terra
si è deposta in modo da poter raccogliere anche l'acqua del cielo e conservarla
- sono ciuffetti di verde, per lo più piante rigide, spinose, dalla poca
fronda, e bassi e duri cespugli di quelle erbe che paiono bastoncini verdi,
di cui non so il nome.
In basso, vi è una distesa più arida ancora, piatta, sassosa e
che sempre più diviene arida quanto più si avvicina ad un punto
scuro, molto più lungo che largo, almeno cinque volte più lungo
che largo, che penso sia un'oasi folta, nata in tanto squallore per acque sotterranee.
Però, quando
la luce si fa più viva, vedo che non è che acqua.
Un'acqua ferma, cupa, morta.
Un lago di una tristezza infinita.
In questa luce, ancora incerta, mi fa ricordare la visione del mondo morto.
Pare che aspiri tutto il cupo del cielo, tutto il triste del suolo circostante,
e stemperi nelle sue acque ferme il verde cupo delle piante spinose e delle
rigide erbe - che per chilometri e chilometri, in piatto e in altezza, sono
l'unica decorazione del suolo - e, fattosene un filtro di cupezza, la emani
poi e spanda tutto intorno.
Come è diverso
dal solare, ridente Lago di Genezareth!
In alto, guardando il cielo di un assoluto sereno, che si fa sempre più
chiaro, guardando la luce che avanza da Oriente a fiotti, sempre più
vasti, lo Spirito si rallegra.
Ma, guardando quel grandissimo lago morto si stringe il cuore.
Non un uccello trasvola sulle sue acque.
Non un animale è sulle sue rive.
Nulla.
Mentre guardo questa desolazione, mi scuote la Voce del mio Gesù:
“Ed eccoci
giunti dove volevo”.
Mi volgo.
Lo vedo alle mie spalle, fra Giovanni, Simone e Giuda, presso la costa rocciosa
del monte, là, dove giunge un sentiero ... sarebbe meglio dire: là
dove un lungo lavoro di acque, nei mesi di pioggia, ha graffiato il calcare,
scavando nei Secoli un canale appena disegnato, che sarà scolo alle acque
delle cime e che ora è via per le capre selvatiche, più che per
gli uomini.
Gesù si guarda
intorno e ripete:
“Sì,
qui vi volevo portare.
Qui il Cristo si è preparato alla sua Missione”.
“Ma qui non
c’è nulla!”.
“Non c'è
nulla, l'hai detto”.
“Con chi eri?”.
“Con il mio
Spirito e con il Padre”.
“Ah! Fu sosta
di poche ore!”.
“No, Giuda.
Non di poche ore.
Di molti giorni ...”.
“Ma chi ti
serviva?
Dove dormisti?”.
“Avevo a servi
gli onagri (asini selvatici), che, nella notte, venivano a dormire nella loro
tana ... in questa, dove Io pure m'ero intanato ...
Avevo a serve le
aquile, che mi dicevano:
“È giorno”, con il loro grido aspro, partendo per la preda.
Avevo ad amici le
piccole lepri, che venivano a rodere le erbe selvagge, quasi ai miei piedi ...
Mi era cibo e bevanda ciò che è cibo e bevanda del fiore selvaggio:
la rugiada notturna, la luce del Sole.
Non altro”.
“Ma perché?”.
“Per prepararMi
bene, come tu dici, alla mia Missione.
Le cose ben preparate riescono bene.
Tu lo hai detto.
E la mia cosa non era la piccola, inutile cosa di far brillare Me, Servo del
Signore, ma di far comprendere agli uomini ciò che è il Signore
e, attraverso questa comprensione, farlo amare in Spirito di Verità.
Misero quel servo
del Signore che pensa al suo trionfo e non a quello di Dio!
Che cerca averne utile, che sogna mettersi in alto su un trono fatto ...
Oh! Fatto degli interessi di Dio, avviliti sino a toccare il suolo, essi che
sono Celesti Interessi. Non è più servo, costui, anche se ne ha
l'aspetto esterno.
È un mercante, un trafficante, un falso che inganna sé, gli uomini
e vorrebbe ingannare Dio ... uno sciagurato che si crede principe ed è
schiavo ...
È del Demonio,
il suo “Re di Menzogna”.
Qui, in questa tana,
il Cristo, per molti giorni, visse di macerazioni e preghiera per prepararsi
alla sua Missione.
E dove vorresti fossi andato a prepararMi, Giuda?”.
Giuda è perplesso,
disorientato.
Risponde, infine:
“Ma non saprei
... Pensavo ... da qualche Rabbi ... presso gli Esseni ... non so”.
“E potevo
trovare un Rabbi che mi dicesse più di quanto mi diceva la Potenza e
la Sapienza di Dio?
E potevo Io - Io Verbo Eterno del Padre, Io che ero quando il Padre creò
l'uomo e so di quale Spirito Immortale e Animato, e di quale Potenza di Giudizio
Libero e Capace, abbia il Creatore dotato l'uomo - andare ad attingere scienza
e capacità da quelli che negano l'Immortalità dell'Anima, negando
la Finale Risurrezione, e negano la libertà d'azione dell'uomo, addossando
virtù e vizi, azioni sante e malvagie, al destino che dicono fatale e
non vincibile?
Ah! No.
Avete un Destino.
Sì. Lo avete.
Nella Mente di Dio, che vi crea, è un Destino per voi.
Ve lo desidera il Padre.
Ed è Destino d'Amore, di pace, di gloria:
“La Santità
d'esser suoi figli”.
Questo il Destino
che, presente alla Mente Divina, dal momento nel quale, con il fango, fu fatto
Adamo, presente sarà sino all'Ultima Creazione di Anima d'uomo.
Ma non vi violenta il Padre nella vostra condizione di Re.
Il Re, se prigione, non è più Re, è un reietto.
Voi Re siete, perché liberi nel vostro piccolo Regno Individuale.
Nell'Io.
In esso potete fare ciò che volete, come volete.
Di fronte e ai confini del vostro piccolo Regno, avete un Re amico e due Potenze
Nemiche. L'Amico vi mostra le regole che Egli ha date per far felici quelli
che sono suoi.
Ve le mostra.
Vi dice:
“Eccole.
Con queste è sicura l'Eterna Vittoria”.
Ve le mostra, Egli, il Saggio e Santo, perché voi possiate, se volete
farlo, praticarle e averne Gloria Eterna.
Le due Potenze Nemiche
sono Satana e la carne.
Nella carne metto la
vostra e quella del Mondo, ossia le pompe e seduzioni del Mondo, ossia la ricchezza,
le feste, gli onori, i poteri che dal Mondo e nel Mondo si hanno e che non sempre
si hanno onestamente e meno ancora si sanno usare onestamente se, per un complesso
di cause, ad essi l'uomo perviene.
Satana, Maestro della
carne e del Mondo, parla anche per esso e per la carne.
Anche lui ha le sue regole ...
Oh! Se le ha!
E poiché l'io è fasciato di carne e la carne tende alla carne
come le scaglie di ferro tendono alla calamita, e poiché il canto del
Seduttore è più dolce di gorgheggio di usignolo in Amore fra raggi
di Luna e profumo di roseti, più facile è andare verso queste
regole, piegare verso queste Potenze, dire loro:
“Vi considero
amiche.
Entrate”.
Entrate ...
Avete mai visto un alleato
che resti onesto sempre, senza chiedere il cento per uno per un aiuto dato?
Così fanno esse.
Entrano ... E divengono padroni.
Padroni?
No, aguzzini.
Vi legano, o uomini, al loro banco di galera, vi ci incatenano, non vi lasciano
più alzare il collo dal loro giogo, e la loro sferza vi riga a sangue,
se cercate sfuggir loro.
O farsi ferire sino a giungere ad esser un ammasso di carne frantumata, così
inutile, come carne, da esser respinta dal loro piede crudele, o morire sotto
di loro.
Se sapete darvi quel
Martirio, darvi quel Martirio, ecco allora che passa la Misericordia, l'Unica
che può ancora aver pietà di quella ripugnante miseria della quale
il Mondo, uno dei padroni, ha ora schifo e sulla quale l'altro padrone, Satana,
invia le sue frecce di vendetta.
E la Misericordia, l'Unica
che passa, si china, la raccoglie, la medica, la risana e le dice:
“Vieni.
Non temere.
Non ti guardare.
Le tue piaghe non sono più che cicatrici, ma sono così innumerevoli
che ti farebbero orrore, tanto ti deturpano.
Ma Io non ti guardo quelle, guardo la tua volontà.
Per essa volontà buona sei così segnata.
Perciò Io ti dico:
Ti amo.
Vieni con Me”, e la porta nel suo Stato.
Allora, voi capite che Misericordia e Re amico sono una stessa persona.
Ritrovate le regole che Egli vi aveva mostrate e che voi non avete voluto seguire.
Ora, lo volete ... e giungete alla pace della coscienza prima, alla pace di
Dio dopo.
Ditemi, allora.
Questo destino fu imposto da Un Solo per tutti, o fu individualmente voluto
da ognuno per sé?”.
“Fu da ognuno
voluto”.
“Bene giudichi,
Simone.
Potevo Io andare
dai negatori della beata Risurrezione e del Dono di Dio per formarMi?
Qui sono venuto.
Ho preso la mia Anima di Figlio dell'uomo e Me la sono lavorata con gli ultimi
tocchi, finendo il lavoro di trent'anni di annichilimento e di preparazione
per andare perfetto al mio Ministero.
Ora, Io vi chiedo
di stare meco qualche giorno, in questa tana.
Sarà sempre meno desolata la sosta, perché saremo quattro amici
che fanno forza contro le tristezze, le paure, le tentazioni, le necessità
della carne.
Io ero solo.
Sarà sempre meno penosa, perché ora è Estate e qui,
in alto, vi è il vento delle cime a temperare il calore.
Io vi venni al finir della Luna di Tebet, e rigido era il vento che scendeva
dalle nevi della vetta. Sarà sempre meno tormentosa, perché più
breve e perché abbiamo, ora, quel minimo di cibo che può dare
conforto alla nostra fame, e nelle piccole ghirbe di pelle che vi ho fatto dare
dai pastori vi è tant'acqua da bastare per questi giorni di sosta.
Io … Io ho
bisogno di strappare due Anime a Satana.
Non vi è che la penitenza che lo possa.
Vi chiedo aiuto.
Sarà formazione anche per voi.
Imparerete come si strappano le prede a Mammona.
Non tanto con le parole, quanto con il sacrificio ...
Le parole! ...
Il frastuono satanico impedisce che siano udite ...
Ogni Anima preda del Nemico è avvolta in turbini di voci infernali ...
Volete rimanere
con Me?
Ma se non volete, andate.
Io resto.
Ci ritroveremo a Tecua, presso il mercato”.
“No, Maestro, io non Ti lascio” - dice Giovanni; mentre Simone,
contemporaneamente, esclama:
“Tu ci elevi,
volendoci teco in questa Redenzione”.
Giuda ... non mi pare
molto entusiasta.
Ma fa buon viso al ... Destino e dice:
“Io resto”.
“Prendete, allora, le ghirbe e le sacche e portatele dentro e, prima
che il Sole arda, spezzate legna e accumulatela presso lo spacco.
La notte è rigida anche d'Estate, qui, e non tutte le bestie sono buone.
Un ramo lo accenderete subito.
Là, di quella pianta di acacia gommosa.
Brucia bene.
Guarderemo, fra le fessure, per cacciare, con il fuoco, aspidi e scorpioni.
Andate” ...
Lo stesso punto di monte.
Solo ora è notte.
Una notte tutta stellata.
Una bellezza di cielo notturno come credo se ne possa godere solo in quei paesi
già quasi tropicali.
Stelle di una larghezza e di un brillìo meravigliosi.
Le Costellazioni Maggiori
paiono grappoli di brillanti, di chiari topazi, di pallidi zaffiri, di miti
opali, di tenui rubini.
Tremolano, si accendono, si spengono come sguardi che la palpebra cela per un
attimo, tornano ad accendersi più belle.
Ogni tanto, una Stella riga il cielo e scompare verso chissà quale orizzonte.
Una riga di luce, che pare un grido di giubilo stellare, per poter volare così
per quei prati sterminati.
Gesù è
seduto sull'apertura della spelonca e parla ai tre che fanno cerchio con Lui.
Deve esservi stato del fuoco, perché, in mezzo al cerchio dei quattro,
un mucchietto di tizzi ha ancora bagliori di bragia e getta il suo riflesso
rosso sui quattro volti.
“Sì.
La sosta è finita.
Questa sosta.
L'altra volta durò quaranta giorni ...
E vi dico ancora:
era ancora Inverno su questi pendii ... e non avevo cibo.
Un poco più difficile di questa volta, non è vero?
So che avete sofferto anche ora.
Il poco che avevamo e che vi davo era nulla, specie per la fame dei giovani.
Era sufficiente solo a non farvi cadere languenti.
L'acqua ancor meno.
Il calore è
torrido nel giorno.
E voi direte che ciò non c'era nell'Inverno.
Ma, allora, c'era un vento secco, che scendeva, bruciando i polmoni da quella
cima e saliva da quella bassura, carico di polvere desertica e asciugava più
ancora di questo calore estivo, a cui può dare sollievo, succhiare questi
aciduli frutti che quasi son maturi.
Allora, il monte
non dava che vento ed erbe bruciate dal gelo intorno alle acacie scheletrite.
Non vi ho dato tutto, perché ho serbato gli ultimi pani e l'ultimo formaggio
con l'ultima ghirba per il ritorno ...
Io so cosa fu il
ritorno, esausto come ero, nella solitudine del deserto ...
Raccogliamo le nostre cose e andiamo.
La notte è
ancor più chiara di quella che qui ci condusse.
Non vi è Luna.
Ma il cielo piove luce.
Andiamo.
Ricordatevi questo posto.
Sappiate ricordare come si preparò Cristo e come si preparano gli Apostoli.
Come Io insegno si preparino gli Apostoli”.
Si alzano.
Simone, con un ramo, fruga nelle braci, le ravviva, prima di sperderle con il
piede, gettandovi sopra delle erbe disseccate, e alla fiamma accende una frasca
di acacia e la tiene alta, all'ingresso della tana, mentre Giuda e Giovanni
raccolgono mantelli, sacche e dei piccoli otri di pelle, di cui solo uno è
ancora gonfio.
Poi, spegne la frasca contro la roccia, si carica della sua sacca e si mette
il manto, come tutti, legandoselo alla vita, perché non dia noia nell'andare.
Scendono senza altre
parole, l'uno dietro l'altro, per un sentiero ripidissimo, mettendo in fuga
piccoli animali che brucano le poche erbe che ancora resistono al Sole.
Il cammino è lungo e disagiato.
Finalmente giungono
al piano.
Non è molto comodo il cammino, neppur qui dove pietre e schegge di pietre
si muovono, traditore sotto al piede, ferendolo anche, perché la terra
ridotta a polvere le nasconde e non si possono evitare, dove arsi cespugli di
spini graffiano e intralciano attaccandosi al basso delle vesti.
Ma è più spedito.
In alto, le Stelle sono
sempre più belle.
Vanno, vanno, vanno per ore.
La pianura è sempre più sterile e triste.
Luccichii di scaglie brillano in certe piccole rughe del terreno, in pozzette
fra asperità del suolo.
Paiono scaglie di brillanti sporchi.
Giovanni si china a guardarle.
“È
il sale del sottosuolo.
Ne è saturo.
Affiora con le acque di primavera e poi si secca.
Per questo, la vita non regge qui.
Il mare Orientale, per profonde vene, sparge la sua morte a molti stadi intorno.
Solo dove sorgive dolci combattono il suo mordente è possibile trovare
piante e ristoro” - spiega Gesù.
Vanno ancora.
Poi, Gesù si
ferma presso la roccia cava, in cui lo vidi tentato da Satana.
“Sostiamo qui.
Sedete.
Fra poco sarà il canto del gallo.
Camminiamo da sei ore e dovete avere fame, sete e stanchezza.
Prendete. Mangiate e bevete, seduti qui, a Me intorno, mentre Io vi dico ancora
una cosa che voi direte agli amici e al Mondo”.
Gesù ha aperto
la sua sacca e ne ha tratto pane e formaggio, che taglia e distribuisce, e dalla
sua zucchetta mesce acqua in una ciotoletta e distribuisce pure.
“Tu non mangi,
Maestro?”.
“No. Io vi parlo.
Udite.
Una volta ci fu uno,
un uomo, che mi chiese se ero mai stato tentato.
Che mi chiese se non avevo mai peccato.
Che mi chiese se, nella Tentazione, non avevo mai ceduto.
E che si stupì perché Io, il Messia, ho chiesto, per resistere,
l'aiuto del Padre, dicendo:
“Padre, non
mi indurre in Tentazione”.
Gesù parla piano,
calmo, come narrasse un fatto a tutti ignoto ...
Giuda china il capo,
come impacciato.
Ma gli altri sono tanto intenti a guardare Gesù che non lo vedono.
Gesù continua:
“Ora, voi, miei amici, potete sapere ciò che solo lievemente
seppe quell'uomo.
Dopo il Battesimo - ero mondo, ma non si è mai mondi abbastanza rispetto
all'Altissimo, e l'Umiltà di dire “sono uomo e peccatore”
è già battesimo, che fa mondo il cuore - sono venuto qui.
Ero stato chiamato “l'Agnello
di Dio” da Colui Che, Santo e Profeta, vedeva la Verità e vedeva
scendere lo Spirito sul Verbo e farlo Unto del suo Crisma d'Amore, mentre la
voce del Padre empiva i Cieli del suo suono, dicendo:
“Ecco il mio
Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto”.
Tu, Giovanni, eri
presente quando il Battista ha ripetuto le parole ...
Dopo il Battesimo, benché mondo per natura e Mondo per figura, volli
“prepararMi”.
Si, Giuda. Guardami.
Il mio occhio ti dica ciò che ancor tace la bocca.
GuardaMi, Giuda.
Guarda il tuo Maestro, che non si è sentito superiore all'uomo per essere
il Messia e che, anzi, sapendo di esser l'Uomo, ha voluto esserlo in tutto,
fuorché nel condiscendere al Male.
Ecco, così”.
Ora, Giuda ha alzato
il viso e guarda Gesù, che ha di fronte.
La luce delle stelle fa brillare gli occhi di Gesù come fossero due stelle
fisse, in un pallido volto.
“Per prepararsi
ad essere Maestri, bisogna essere stati scolari.
Io tutto sapevo come Dio.
La mia intelligenza mi poteva anche fare capire le lotte dell'uomo, per potere
intellettivo e intellettualmente.
Ma un giorno, qualche mio povero amico, qualche mio povero figlio, avrebbe potuto
dire e dirmi:
“Tu non sai cosa è esser uomo e avere senso e passioni”.
Sarebbe stato rimprovero
giusto.
Sono venuto qui, anzi là, su quel monte, per prepararMi ... non solo
alla Missione ... ma alla Tentazione.
Vedete?
Qui, dove voi siete, Io fui tentato.
Da chi?
Da un mortale?
No. Troppo lieve sarebbe stato il suo Potere.
Sono stato tentato da
Satana, direttamente.
Ero sfinito.
Da Quaranta Giorni non mangiavo ...
Ma, finché ero stato perso nell'Orazione, tutto si era annullato nella
gioia del parlare con Dio, più che annullato: reso sopportabile.
Lo sentivo come un disagio della materia, circoscritto alla materia sola ...
Poi, sono tornato nel Mondo ... sulle vie del Mondo ... e ho sentito i bisogni
di chi è sul Mondo.
Ho avuto fame.
Ho avuto sete.
Ho sentito il freddo pungente della notte desertica.
Ho sentito il corpo affranto dalla mancanza del riposo, del letto, e dal lungo
cammino fatto in condizioni di spossatezza tale che mi impedivano di andare
oltre ...
Perché ho una carne anche Io, amici.
Una vera carne.
Ed essa è soggetta alle stesse debolezze che hanno tutte le carni.
E con la carne ho un cuore.
Sì.
Dell'uomo ho preso la prima e la seconda delle tre parti che fanno l'uomo.
Ho preso la materia con le sue esigenze e il morale con le sue passioni.
E, se per mia volontà, ho piegato in sul nascere tutte le passioni non
buone, ho lasciato crescessero potenti come cedri secolari le sante passioni
dell'Amore Filiale, dell'Amore Patrio, delle amicizie, del lavoro, di tutto
quanto è ottimo e santo.
E qui ho sentito nostalgia
della Mamma lontana, qui ho sentito bisogno delle sue cure sulla mia fralezza
(fragilità) umana, qui ho sentito rinnovarsi il dolore di esserMi staccato
dall'Unica che mi amasse perfettamente, qui ho presentito il dolore che mi è
serbato e il dolore del suo dolore, povera Mamma, che non avrà più
lacrime, tante ne dovrà spargere per il suo Figlio e per opera degli
uomini.
E qui ho sentito la stanchezza dell'eroe e dell'asceta (chi conduce una vita
austera), che in un'ora di premonizione si rende cognito dell'inutilità
del suo sforzo ...
Ho pianto ...
La tristezza ... richiamo magico per Satana.
Non è peccato esser tristi, se l'ora è penosa.
È peccato cedere oltre alla tristezza e cadere in inerzia o in disperazione.
Ma Satana subito viene quando vede uno caduto in languore (abbattimento) di
Spirito.
È venuto.
In veste di benigno viandante.
Prende sempre aspetti benigni ...
Avevo fame ... e avevo i trent'anni nel sangue.
Mi ha offerto il suo aiuto.
E prima, mi ha detto:
“Di' a queste
pietre che divengano pane”.
Ma, prima ancora ...
sì ... prima ancora, mi aveva parlato della donna ...
Oh! Egli ne sa parlare.
La conosce a fondo.
L'ha corrotta per il primo, per farne sua alleata di corruzione.
Non sono solo il Figlio di Dio.
Sono Gesù, l'operaio di Nazareth.
Ho detto a quell'uomo
che mi parlava allora, chiedendoMi se conoscevo Tentazione, e quasi mi accusava
di esser ingiustamente beato per non aver peccato:
Ho respinto la Tentazione
e della fame della donna e della fame del pane.
E sappiate che Satana mi prospettava la prima, né aveva torto, umanamente
giudicando, come la migliore alleata per affermarsi nel Mondo.
La Tentazione, non vinta
dal mio:
“Non di solo senso vive l'uomo”, mi parlò, allora,
della mia Missione.
Voleva sedurre il Messia,
dopo aver tentato il Giovane.
E mi spronò ad annichilire gli indegni Ministri del Tempio, con un Miracolo
...
Non si piega il Miracolo, fiamma di Cielo, a farne cerchio di vimini per incoronarsi
di esso ...
E non si tenta Dio, chiedendo Miracoli a fini umani.
Questo voleva Satana.
Il motivo presentato
era il pretesto; la verità era:
“Gloriati d'esser il Messia”, per portarmi all'altra concupiscenza:
quella dell'Orgoglio.
Non vinto dal mio:
“Non tenterai il Signore Dio tuo”, mi circuì con la
terza forza della sua natura: l'Oro.
Oh! l'oro! Grande cosa il pane e più grande la donna per chi ha bramosia
di cibo o di piacere.
Grandissima cosa l'acclamazione
delle folle per l'uomo ...
Per queste tre cose, quanti delitti si fanno!
Ma l'Oro ... Ma l'Oro ...
Chiave che apre, cerchio che salda, esso è l'alfa e l'omega di novantanove
su cento delle azioni umane.
Per il pane e la donna l'uomo diviene ladro.
Per il potere anche omicida.
Ma per l'Oro diviene idolatra.
Il Re dell'Oro, Satana, mi ha offerto il suo Oro purché lo adorassi ...
L'ho trapassato con le parole eterne:
“Adorerai solo il Signore Iddio tuo”.
Qui. Qui è avvenuto questo”.
Gesù si è alzato.
Pare più alto del solito, nella piatta natura che Lo circonda, nella
luce lievemente fosforescente che piove dalle Stelle.
Anche i Discepoli si
alzano.
Gesù continua
a parlare, fissando intensamente Giuda.
“Allora, sono
venuti gli Angeli del Signore ...
L'Uomo aveva vinto la triplice battaglia.
L'Uomo sapeva cosa voleva dire essere uomo e aveva vinto.
Era esausto.
La lotta era stata più esauriente del lungo digiuno ...
Ma lo Spirito giganteggiava ...
Io credo che ne hanno trasalito i Cieli a questo mio completamento di creatura
dotata di cognizione.
Io credo che, da
quel momento, è venuto in Me il Potere di Miracolo.
Ero stato Dio.
Ero divenuto l'Uomo.
Ora, vincendo l'animale
che era connesso alla natura dell'uomo, ecco, Io ero l'Uomo-Dio.
Lo sono.
E come Dio tutto posso.
E come Uomo tutto conosco.
Fate anche voi come Me, se vorrete fare ciò che Io faccio.
E fatelo in memoria di Me.
Quell'uomo si stupiva
che avessi chiesto l'aiuto del Padre.
E l'avessi pregato di non indurmi in Tentazione.
Di non lasciarMi, cioè, in balia della Tentazione, oltre le mie forze.
Credo che quell'uomo, ora che sa, non se ne stupirà più.
Fate anche voi così, in memoria di Me e per vincere come Me, e non dubitate
mai, vedendoMi forte in tutte le Tentazioni della vita, vittorioso nelle battaglie
dei cinque sensi, e del senso e del sentimento, sulla mia natura di vero Uomo,
oltre che di Dio.
Ricordatevi di tutto
ciò.
Vi avevo promesso di portarvi là, dove avreste potuto conoscere il Maestro
... dall'alba del suo giorno, un'alba pura come questa che sorge, al meriggio
della sua vita.
Quello da cui mi sono partito per andare incontro alla mia umana sera ...
Ho detto a un di
voi:
“Anche Io Mi sono preparato”.
Lo vedete che era vero.
Vi ringrazio di averMi fatto compagnia in questo ritorno nel Luogo Natale e
nel Luogo Penitenziale.
I primi contatti
con il Mondo Mi avevano già nauseato e sconfortato.
È troppo brutto.
Ora, la mia Anima si è nutrita del midollo del leone: della fusione con
il Padre nell'Orazione e nella Solitudine.
E posso tornare nel Mondo, per riprendere la mia Croce, la mia prima Croce di
Redentore: quella del contatto con il Mondo.
Con il Mondo, nel quale troppo poche sono le Anime che han nome Maria, che han
nome Giovanni ...
Ora udite, tu in
specie, Giovanni.
Torniamo verso la Madre e verso gli amici.
Io ve ne prego: non dite alla Madre la durezza che fu opposta all'Amore del
suo Figlio.
Ne soffrirebbe troppo.
Soffrirà per questa crudeltà dell'uomo tanto, tanto, tanto ...
ma non presentiamole il calice sin da ora.
Sarà tanto amaro, quando le sarà dato!
Così amaro che, come un tossico, le scenderà serpendo nelle viscere
sante e nelle vene e gliele morderà, le gelerà il cuore.
Oh! non dite alla
Madre mia che Betlem ed Ebron mi hanno respinto come un cane!
Pietà per Lei!
Tu, Simone, sei
vecchio e buono, sei Spirito di riflessione e non parlerai, lo so.
Tu, Giuda, sei Giudeo
e non parlerai per orgoglio regionale.
Ma tu, Giovanni,
tu, Galileo e giovane, non cadere in peccato di orgoglio, di critica, di crudeltà.
Taci.
Più tardi ... più tardi agli altri dirai quanto ora ti prego tacere.
Anche agli altri.
Vi è già tanto da dire su quanto è del Cristo.
Perché unirvi ciò che è di Satana contro il Cristo?
Amici, Mi promettete tutto ciò?”.
“Oh! Maestro!
Si che te lo promettiamo!
Sta' sicuro!”.
“Grazie.
Andiamo sino a quella piccola oasi.
Là, vi è una sorgiva, una cisterna piena di fresche acque e ombra
e verzura.
La strada verso il fiume la lambe.
Potremo trovare cibo e ristoro fino a sera.
Al chiaro delle Stelle, raggiungeremo il fiume, il guado.
E attenderemo Giuseppe o ci uniremo a lui, se già è tornato.
Andiamo”.
E si incamminano, mentre
il primo roseo in cielo, al limite d'Oriente, dice che un nuovo giorno sorge.
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