Ti trovi nella Sezione:
|
|
|
|
Articoli  Il Santo Rosario - Un Sacerdote
Il Santo Rosario è la Preghiera più diffusa che la Tradizione popolare ci abbia consegnato. Ha consacrato, nei Secoli, l’aspetto più umile della Vita della Madonna: recitandolo, è come se la Figura di Maria s’imponesse nel Suo aspetto più semplice e più nascosto, ma, nel proporvi di vivere il Rosario con una riscossa particolare della coscienza di quello che è la Madonna nella vita dell’Uomo e del Mondo, sono soprattutto guidato dall’impressione più forte che ho avuto nel viaggio in Terra Santa. La cosa che più mi ha stupito e mi ha come reso immobile nello Spirito – immobile nel senso dello stupore – è stato quando ho visto la piccola, restante Casa-Grotta in cui viveva la Madonna e ho letto una targa, di nessun conto, su cui era scritto: Verbum caro hic factum est - Il Verbo si è fatto carne qui. San Giovanni Bosco fece, nel Febbraio del 1848, un bellissimo sogno… Proprio nel Febbraio del 1848, il Marchese Roberto d’Azeglio, amico personale di Carlo Alberto e Senatore del Regno, onorò l’Oratorio di Don Bosco, facendovi visita. L’intrattenimento fu piacevole, il Marchese fece solo un appunto a Don Bosco: definì tempo perso quello occupato a recitare il Rosario. Don Bosco rispose: “Lascerei ogni cosa, ma non questa” - e con coraggio aggiunse: “E sarei disposto a rinunziare alla sua preziosa amicizia, ma non mai alla recita del Santo Rosario”. A stimolare i giovani ad amare il Rosario era incoraggiato anche dai suoi sogni. Una notte, sognò di trovarsi in una borgata, dove la guida lo incoraggiò a passeggiare nel cortile attiguo e, lì, indicò un serpente di 8 metri, di una grandezza spaventosa. Don Bosco voleva fuggire, ma la guida lo incoraggiò a prendere una corda; poi, gli disse: “Prenda questa corda per un capo e la tenga ben stretta, io prenderò l’altro capo e terremo sospesa la corda sul serpente”. “E poi?”. “E poi... gliela sbatteremo sulla schiena”. “Ah no, il serpente si rivolterà e ci farà a pezzi!”. Ma la guida insistette, assicurandolo che il serpente non l’avrebbe toccato. Egli, intanto, alzò la corda e con questa diede una sferzata sulla schiena del rettile. Il serpente spiccò un saldo e volse la testa verso chi l’aveva colpito, ma restò allacciato come in un cappio scorsoio. “Tenga stretto – gridò la guida – e non lasci sfuggire la corda” - e corse per legare il capo della corda alla finestra della casa. Intanto, il serpente si dibatteva furiosamente… e dava tali colpi in terra, con la testa e con le immani spire, che le sue carni si laceravano e ne saltavano i pezzi a grande distanza. Continuò così, finché non rimase di lui che lo scheletro spolpato. Morto il serpente, la guida slegò la corda, la raccolse e la chiuse in una cassetta. Dopo qualche istante l’aprì e, con immenso stupore, Don Bosco vide che la corda si era disposta in modo da formare le parole: Ave Maria. La guida spiegò: il serpente rappresenta il Demonio e la corda il Rosario, con il quale si possono battere e vincere tutti i Demoni dell’Inferno, in un colpo solo . A questo punto, gli occhi di Don Bosco videro dei giovani che raccoglievano i pezzi di carne del serpente e ne mangiavano, restandone avvelenati. Don Bosco gridava, esortava, ma nulla. Allora, si rivolse alla guida e chiese: “Ma non c’è un rimedio a questo male?”. “Sì che c’è!”. “E quale sarebbe?”. “Non c’è altro che l’incudine e il martello”. “Come?”. “ Devo metterli sull’incudine e batterli con il martello?”. “Ecco – rispose la guida – il martello è la Confessione e l’incudine la Comunione, insieme al Santo Rosario”. Un Sacerdote
|